La Psicoanalisi, come ben si sa, origina dagli studi rivoluzionari di Sigmund Freud alla fine dell’800 riguardanti il funzionamento della mente umana: la scoperta dell’inconscio il suo geniale merito o, per essere più precisi, il lavoro certosino volto alla sua decifrazione, giacchè filosofi in età antica l’avevano già sagacemente teorizzato.

Questa la specificità della Psicoanalisi, il lavoro concernente l’inconscio. In particolare l’interesse del percorso di cura non va alla semplice eliminazione del sintomo che, se non ben lavorato, ritornerà prima o poi in qualche altra veste! Il sintomo per la psicoanalisi non è l’indesiderato. A ben vedere, è un indicatore importante. Perché se ne sceglie uno anziché un altro? Perché una giovane sviluppa un’anoressia piuttosto che una bulimia o un’insonnia. Perché una donna o un uomo soffrono di depressione o invece di attacchi di panico o sono piuttosto vittime d’inibizioni o al contrario di attacchi di collera? In tal senso il lavoro sul sintomo non può prescindere dal soggetto che ne è portatore, dalla sua storia, dalle identificazioni costruite nel tempo. Se un soggetto ci convive per mesi, se non per anni, avrà pur una sua utilità difensiva, il tanto osteggiato sintomo! Nello stesso tempo il sintomo intralcia, impedisce, ostacola. Dunque si rivela essere nello stesso tempo necessario e scomodo. Cioè il soggetto non può farne a meno perché in qualche modo fornisce un sollievo, un lenimento e nello stesso tempo ne soffre.

Dunque la Psicoanalisi parte da questo paradosso: se qualcosa va e non va nello stesso tempo, ha a che fare col fatto che una spinta non consapevole, inconscia appunto, si scontra con quanto apertamente il soggetto vuole, o meglio dice di volere. Cioè egli dice: “Non voglio più saperne di questo sintomo” eppure non può sbarazzarsene, qualcosa dentro di lui glielo impedisce, qualcosa di sconosciuto. Bene, qui inizia il lavoro, proprio dalla scoperta di questo paradosso, il cui trattamento permetterà di avvicinare sempre più il “desiderio inconscio” del soggetto che è tutt’altra cosa dal desiderio consapevole, cioè da ciò che si crede di volere. Qui si scopre lo iato tra volere e desiderio…. questo è l’inizio di un’analisi. La quale piuttosto che mirare ad annullare il sintomo, che altro non è se non un buon baluardo all’angoscia, mira ad avvicinare sempre più tale angoscia in un lavoro di costruzione del desiderio inconscio del soggetto. Questo da sé potrà comportar l’affievolirsi della forza del sintomo.

La Psicoanalisi può in questo dirsi, propriamente, un trattamento uno per uno, senza standard, ma non senza logica. Che va al di là della tendenza massificante della diagnosi secondo DSM, così consona alla logica del “vale per tutti” che impronta il capitalismo moderno.

Il trattamento psicoanalitico secondo l’orientamento di Jacques Lacan, analista francese noto per la complessità dei suoi scritti che egli riteneva essere “omogenei al linguaggio dell’inconscio”, si caratterizza proprio per la stretta logica che impronta la pratica clinica. Partendo dal presupposto che “L’inconscio è strutturato come un linguaggio”, egli fa uno sforzo per individuare una logica nel funzionamento del sistema inconscio. Non un tentativo di “spiegare scientificamente” il funzionamento inconscio, piuttosto di svelarne la “logica di funzionamento interno”. Questo amore del dettaglio intrapsichico, non esime dal sottolineare la natura “relazionale” del suo approccio, almeno nei primi anni del suo insegnamento. In una sua formula infatti egli ritiene che “il desiderio dell’uomo è il desiderio dell’altro”, a sottolineare l’importanza dell’altro della relazione, nell’economia soggettiva, sin dalla nascita. In un secondo momento del suo insegnamento invece, Lacan si interesserà sempre più al reale pulsionale del soggetto, così come si presentifica nel godimento, incarnato nel sintomo. Quindi meno interessato alla decifrazione simbolica del sintomo, quanto piuttosto alla sua connotazione reale, intendendo con questo il versante di godimento sintomatico. Vale a dire, ciò che in ciascun soggetto si presenta come ripetizione pulsionale nel sintomo. Il sintomo dunque come luogo in cui la ripetizione pulsionale prende una sua forma diversa e unica per ciascun soggetto in analisi. Questo diviene piuttosto l’oggetto del trattamento.

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